martedì 11 dicembre 2012

Per (s)finirla una volta per tutte con la bufala dello spread.

(La bufala dello spread come indicatore del rischio paese)
Il famigerato spread, termine agitato in continuazione dai media mainstream come uno spauracchio e ormai, di conseguenza, entrato prepotentemente anche nel gergo della leggendaria casalinga di Voghera, viene sempre ostinatamente ed erroneamente preso come riferimento per la misura del rischio paese anche in queste ultime ore. A dire il vero è poco più di un anno che gli italiani hanno familiarizzato con questo termine tecnico, che in precedenza non conoscevano affatto, proprio perchè prima non ne avevano mai sentito parlare. In realtà lo spread è un vero e proprio imbroglio, una bufala colossale, perchè non rappresenta una grandezza assoluta quanto piuttosto una misura relativa. Cerchiamo di comprendere cosa significa. Lo spread BTP-Bund è un differenziale che misura, più precisamente, la differenza tra il rendimento di un titolo di Stato italiano, il BTP con scadenza decennale, e l'omologo tedesco. Il rendimento per coloro che investono nel titolo si traduce nel costo effettivo che lo Stato deve sostenere per finanziare il proprio debito pubblico in fase di emissione. Dunque è quest'ultimo, cioè il rendimento, e non lo spread, che risulta più idoneo a monitorare l'andamento del rischio paese percepito dai mercati finanziari. Questo per il semplice motivo che, come si diceva all'inizio, esso è una grandezza relativa che si espande o si contrae non solo in funzione delle variazioni di rendimento del decennale italiano, ma anche in funzione delle variazioni di rendimento di quello tedesco. Significa cioè che, a parità di rendimento del decennale italiano, se il rendimento del Bund dovesse contrarsi ne risulterebbe un allargamento dello spread. Vediamo il grafico nell'esempio (un andamento fittizio e semplificato delle due grandezze). Nei periodi da 1 a 4 si supponga che il tasso sul BTP salga dal 5% al 5,3%, poi al 5,6% e al 5,9%, e che nel contempo il rendimento sul Bund salga anch'esso dal 2% al 2,3%, poi al 2,6% e ancora al 2,9%. Lo spread rimarrebbe invariato per tutto il corso del tempo a 300 punti base, mentre in realtà il costo di finanziamento per l'Italia, e quindi il rischio paese percepito, sarebbe salito di 90 punti base. Nei periodi da 4 a 8 si supponga che il tasso sul BTP resti invariato al 5,9%, mentre il rendimento del Bund scenda invece gradualmente dal 2,9% all'1,4%. Lo spread in questo caso si allargherebbe da 300 a 450 punti base, ma il rischio paese percepito sull'Italia sarebbe invece invariato. In entrambi i casi lo spread non dice la verità. Questo è quanto accaduto ad esempio tra novembre 2011 e giugno 2012, quando il rendimento del Bund scese dal 2,3% fino all'1,17%, contribuendo così a far allargare lo spread di oltre 110 punti base, indipendentemente dall'andamento del rendimento del BTP decennale. Lo scorso giugno infatti lo spread BTP-Bund era risalito a ridosso dei 480 basis points, lo stesso livello di novembre/dicembre 2011, con la differenza che alla fine di novembre i rendimenti su alcune aste erano schizzati vicino all'8%, mentre a giugno il costo dello Stato per finanziarsi in un orizzonte temporale di dieci anni si attestava poco sopra il 6%. Una bella differenza! Lo spread in questo caso ci ha raccontato una bugia. La verità riguardo il rischio paese Italia, percepito dai mercati dopo la dipartita del "Professore", ce la diranno invece le aste dei titoli di Stato che si terranno nei prossimi giorni. Con buona pace di tutti coloro che ancora una volta si ostinano a parlare di spread.

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